Buone notizie dalla delegazione di Malta

Comunichiamo la bella notizia che il Chierico Dennis Mifsud – Delegato della Lega di Preghiera Beato Carlo per la Pace e la Fratellanza tra i Popoli di Malta e stato ammesso alla Tonsura Clericale e gli Ordini Minori del Lettorato e Sudiaconato per servire nella Parrocchia Personale della Madonna di Damasco di Rito Bizantino a Valletta, Malta. Avremo presto la data dell’ Ordinazione. Gli assicuriamo il ricordo nella preghiera per questa
risposta di servizio alla chiamata del Signore.
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GENETLIACO DEL BEATO CARLO FESTEGGIATO SOLENNEMENTE ANCHE NEL TESINO

Si sono svolte lo scorso sabato 20 agosto, nella magnifica cornice della Conca del Tesino le celebrazioni per il genetliaco del Beato Imperatore Carlo I d’Austria. Per l’occasione la Gebetsliga e la Schutzen Kompanie del Tesino hanno predisposto un significativo programma per celebrare il 129esimo anniversario della nascita del Beato Carlo d’Austria. Cuore della manifestazione, la Santa Messa officiata da Don Venanzio Loss e dal diacono Sergio Oss, con l’ostensione della reliquia del Beato nella Chiesa Patronale di San Giorgio in Castello Tesino. È’ seguita la deposizione di una corona di fiori  presso la pala lignea dedicata al Beato, presente in chiesa, il saluto della Autorità’ e l’esecuzione della Banda Musicale di Castello Tesino del ” Kaiser hymne ” e ” Landes hymne”. A conclusione della manifestazione si è’ svolta una sfilata per le vie del paese con arrivo al Parco di San Rocco e cena tipica allietata dalla Banda Folkloristica di Castello Tesino.

 

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UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DELLA GEBETSLIGA RESA POSSIBILE ANCHE DALL’IMPEGNO DEI CAVALIERI COSTANTINIANI A CUI HANNO PARTECIPATO ANCHE IMPORTANTI AUTORITA’ DELL’ORDINE.

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17 agosto, mercoledì, si è ricordato a Brescia nella parrocchia di S. Gottardo il 129° genetliaco del Beato Imperatore Carlo d’ Austria, la manifestazione che prevedeva la Santa Messa alle ore 20,30 presieduta dal Vescovo Ausiliare Emerito Sua Ecc. Mons. Vigilio Mario Olmi e un momento di condivisione nel chiostro della parrocchia ha avuto un significativo successo.
Oltre alla partecipazione di molti fedeli che gremivano la chiesa parrocchiale erano presenti S.A.I.R. L’ARCIDUCA MARTINO D’AUSTRIA ESTE, BALI’ GRAN CROCE E MEMBRO DELLA REALE DEPUTAZIONE, S.A.I.R. L’ARCIDUCA GEORGE D’AUSTRIA, SUA. ECC. L’AMBASCIATORE DR. MARIO CAROTENUTO, SUA. ECC. L’ ON. ALBERTO LEMBO COMMENDATORE DI GIUSPATRONATO, GRANDE INQUISITORE, il DELEGATO VICARIO DI LOMBARDIA CONTE GIUSEPPE RIZZANI, IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SANITA’ DELLA REGIONE LOMBARDIA DR. FABIO ROLFI.
Presenti numerosi Dame e Cavalieri del Sacro Militare Ordine Costantiniano tra cui i rappresentanti provinciali: LA DAMA VERONICA GRILLO RAPP. DI BERGAMO e il DOTT. GIUSEPPE PEREGO RAPP. DI MONZA BRIANZA.
Numerosi i sacerdoti presenti tra cui concelebravano col Vescovo: don Roberto Bonsi Prefetto della Basilica Romana Minore di Bagnolo Mella, don Andrea Dotti, Cavaliere di Grazia Ecclesiastico, Rettore del Collegio Vescovile S. Giorgio, don Armando Nolli Prevosto emerito della Basilica dei Santi patroni cittadini Faustino e Giovita, mons. Pierantonio Bodini Cavaliere di Grazia Ecclesiastico, Prevosto di S. Francesco da Paola, S. Stefano e Canonico della Basilica Patriarcale del Santo Sepolcro di Gerusalemme, don Adriano Sandri della Diocesi di Varese Delegato e Assistente provinciale della Gebetsliga, don Maurizio Rota della Diocesi di Bergamo Assistente della Gebetsliga provinciale, don Samuele Riva della Diocesi di Cremona Parroco della Città di Sabbioneta e Delegato della Gebetsliga per la provincia sud di Cremona, don Marco Compiani prevosto di S. Eufemia della Fonte in città.
Mons. Arnaldo Morandi, Commendatore di Grazia Ecclesiastico, Priore della Lombardia e Segretario Generale dell’Ufficio del Gran Priore, Delegato Nazionale della Gebetsliga e don Vincenzo Arici prevosto di Urago d’Oglio hanno curato la solenne celebrazione mentre don Andrea Dotti si è occupato dell’aspetto informatico e tecnico.
Presenti anche l’Avvocato Stefano Grandi delegato della Gebetsliga di Verona, il Conte Giovanni Medolago Albani Delegato di Bergamo e la Principessa Maria Luisa Gonzaga di Vescovato Co-delegata, il Prof. Maurizio Dossena Delegato di Piacenza.
Alla fine della Santa Messa prima della benedizione finale prevista con la reliquia del beato Carlo ha costituito un momenti di particolare emozione la consegna da parte del Sig. Stefano Borgatti della reliquia ex ossibus del Beato Rolando Rivi, che resterà venerata nella parrocchia di San Gottardo.
Il Vescovo Mons. Olmi ha poi distribuito i diplomi ad alcuni nuovi membri della Gebetsliga , infine la dama Veronica Grillo ha consegnato a Mons. Arnaldo Morandi un mattone della Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggior dell’ Anno Santo 2000 e la medaglia di papa Leone XIII per la Terra Santa che S.E. Mons. Olmi ha poi conferito.
La serata è proseguita nel chiostro della parrocchia dove in una stupenda e suggestiva atmosfera sono state proiettate fotografie anche inedite sulla vita del Beato Carlo accompagnate da musiche. Sulle pareti del chiostro erano esposti pannelli e fotografie di una mostra che rimarrà permanente sullo stesso tema.
Il momento finale è stato allietato da un bouffet in chiostro organizzato dai volontari della parrocchia coordinati dai Signori Pieremilio e Clara Fontana di San Gottardo che si sono prodigati per accogliere tutti gli ospiti nel modo migliore suscitando un vivo apprezzamento. Gli speciali piatti estivi e i vini sono tutti stati offerti da amici anche delle parrocchie della zona pastorale. Nota significativa, vista la grande abbondanza di doni, l’indomani si è potuto allestire un ottimo pranzo per gli ospiti del dormitorio San Vincenzo in città nell’ambito della continua collaborazione sul progetto dell’Ordine Costantiniano la fame del mio vicino.
Il servizio fotografico è stato curato dal Cav. Francesco Spada

NOTIZIE DAI GRUPPI ( Sartirana Lomellina )

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GEBETSLIGA DI SARTIRANA LOMELLINA (PV)

Sabato 9 luglio alle ore 15 a Sartirana in Villa Buzzoni si è riunito il nostro gruppo di preghiera.

Il Parroco, don Cesare Silva, ha parlato del contesto storico e sociale in cui ha vissuto   Carlo d’Austria, argomento che verrà approfondito nei prossimi incontri visto l’interesse dimostrato dai presenti.

Conoscere e capire la storia di questo Imperatore ci aiuterà sicuramente e pregarlo con ancor più devozione.

Si è inoltre decisa per sabato 22 ottobre una celebrazione e la collocazione di un quadro raffigurante il Beato Carlo in un altare della Chiesa Parrocchiale.

Alle ore 17 il gruppo si è poi trasferito in Chiesa per l’Adorazione Eucaristica cui è seguita la Santa Messa.

Il canto iniziale ha voluto riprendere le ultime parole del Beato Carlo, dal salmo 39,

“Eccomi, Signore io vengo. Si compia in me la tua volontà”.

Il nostro prossimo appuntamento è fissato per sabato 10 settembre.

Prof.ssa Emanuela Tiozzo – Delegata

1 Aprile 2016 , 93° anniversario del pio transito del Beato Carlo

II 19 novembre 1921, Carlo e Zita approdavano a Funchal in Madera: il Vescovo del luogo, per incarico del Papa, viene loro incontro con tutti i riguardi.

L’Imperatore Carlo ebbe a provare una grande gioia nell’intimo del suo cuore, vedendo come immediatamente si erigeva entro la sua abitazione una cappella, ove, nella dura sorte del proprio esilio, solo poteva cercare e trovare il più caro dei sollievi.

Gli abitanti dell’isola, vedendo quella sua giovialità, quella pace gioconda e costante nel portare la sua croce, quella continua unione con Dio, non tardarono ad essere infiammati di simpatia verso di lui. L’Imperatore era messo a ben dure prove: uno dei figlioli da lui lasciati nella lontana Svizzera, si era ammalato, – la sua consorte, che in quel tempo si aspettava nuove gioie materne, aveva dovuto far con lui quel viaggio pieno di strapazzi, – e quei pochi mezzi, che ancor restavano dopo la rapina fatta dei suoi beni, andavano scomparendo.

La troppo grande mancanza di mezzi lo costringe ad abbandonare la città di Funchal e trasferirsi al monte sopra la città. Era il 18 febbraio 1922, stagione, ahimè! poco propizia per quel clima nebbioso e, in primavera, malsano.

L’Imperatrice Zita era già tornata, con sei figlioli, il 2 di quel mese. Il 2 marzo venne anche il settimo, bell’e guarito.

II 14 marzo 1922 Carlo Imperatore si ammala: si tratta di cosa da poco.

Il 27 il suo stato peggiora, a cagione di una infiammazione dei polmoni, e riceve il Sacramento della Estrema Unzione. Volle fosse presente Ottone, il primogenito, perché voleva dargli un esempio. “Affinché egli sappia, disse, in qual modo dovrà diportarsi un giorno, come Imperatore e come vero cattolico “.

In tutta la sua vita Carlo d’Austria aveva sempre e prontamente perdonato tutti gli oltraggi e tutti i torti. Nella confessione generale di tutta la vita, che ora vuol fare, dichiara nuovamente di voler perdonare a tutti i nemici e avversari; e nello stesso tempo vuole accentuare la sua ferma volontà di non lasciar mai i diritti e i doveri che erano stati dati alla sua persona.

“Devo tanto patire, affinché i miei popoli abbiano a ritrovarsi nuovamente uniti”. Quest’espressione ci fa conoscere con quali intenzioni d’amor di patria e di fedeltà egli offriva a Dio i suoi dolori.

Nella sua infermità egli conserva un’esemplare pazienza; nella morte, una piena rassegnazione alla volontà di Dio.

Gettano viva luce sopra tutta la sua vita le parole semplici, ma dense di significato, da lui proferite la notte della sua morte: “Tutti i miei sforzi tendono sempre a questo fine, di conoscere in tutte le cose la volontà di Dio più chiaramente che sia possibile, ed eseguirla con la maggior possibile perfezione”.

Così anche poco prima della morte, conoscendo chiaramente ch’essa si avvicinava, potè dire: “Sia fatta la Tua volontà!”.

Il giorno della sua morte, primo d’aprile 1922, aveva ricevuto la mattina, come soleva ogni giorno, la Santa Comunione. A mezzogiorno, pochi minuti prima di spirare, sentì un vivo desiderio di ricevere ancora una volta il Corpo del Signore, che gli fu amministrato come Viatico.

Tra le braccia della cara Consorte, alla presenza del Santissimo Sacramento, in intima orazione, si spense. Dando l’ultimo respiro, aveva pronunciato ancor una volta il Nome di Gesù.

II giorno 5 aprile, la sua salma fu collocata nel santuario, meta di pellegrinaggi, di Nassa Senhora do Monte (Nostra Signora del Monte). Il Vescovo e il popolo di Funchal custodiscono i resti mortali di Carlo d’Austria, come quelli d’una persona, la cui memoria è in venerazione.

L’Eccellentissimo Vescovo di Funchal, trovandosi in Roma con un Sacerdote religioso austriaco, ebbe a dire : “Nessuna missione ha concorso così efficacemente a ravvivare la fede nella mia diocesi quanto l’esempio che le diede il suo Imperatore nella sua infermità e nella sua morte”.

 

Una riflessione che interpella tutti coloro che credono in una Europa dalle radici Cristiane

Quell’addio a Valeria nella terra di nessuno
La croce mai comparsa in piazza, il nome di Cristo non è mai stato pronunciato, ha risuonato l’inno alla gioia. Così l’imam ha potuto riempire il vuoto della nostra identità con Allah

Renato Farina – Mer, 25/11/2015 – 15:10

La gondola scivolava mesta ed è approdata a San Marco, con il corpo di Valeria, che fu bella, nella bara chiara. C’era l’Italia in quella piazza circondata in alto da croci, sulle cupole e sul campanile, ma la croce non è mai comparsa giù in basso, non è mai stato pronunciato nei microfoni il nome di Cristo.

Giusto così. Così hanno voluto i genitori, così abbiamo accettato tutti, ma che vuoto. Inutilmente il Leone teneva spalancato il Vangelo dalla Torre dell’Orologio. La famiglia Solesin, con una decisione certo rispettabile e che solo a lei toccava, ha deciso infatti per la celebrazione di un «funerale laico».

Laico oppure civile, non so. Ma i funerali civili dei comunisti avevano le bandiere rosse e la banda suonava l’Internazionale. C’era il timbro di un’identità appassionata. Qui è risuonato alla fine l’Inno alla gioia di un’Europa dall’identità stinta, senza orgoglio delle proprie radici giudaico-cristiane, in nome del multiculturalismo, della non appartenenza a nessuno. Così ha voluto la famiglia Solesin, e ci inchiniamo, come si è inchinato anche il Patriarca di Venezia, alla libertà: anche questo è Europa, e diremmo, anche questo è civiltà cristiana.Le motivazioni però di questo gesto pubblico meritano di essere discusse, anche perché la testimonianza di dignità data da questi genitori rischia di trasformare in dogma il loro giudizio. Il padre Alberto ha spiegato: «Non abbiamo voluto un funerale cattolico perché mia figlia non ha avuto una educazione religiosa, ma non ho contrarietà rispetto a una benedizione o all’intervento di un imam». Ha aggiunto: «Volevamo qualcosa che non fosse di proprietà di qualcuno, che non fosse divisivo, ma aiutasse a unire». Come dire: la colpa delle divisioni, e alla fine, quello che favorisce il terrorismo, è l’identità dichiarata, è la croce. La croce divide. Non esiste religione di Stato, il cattolicesimo non lo è più.

Ma qui siamo ad una nuova religione di Stato, il cui segno è di non avere segni. Ciò che unisce, deve essere secondo quanto dice Alberto Solesin privo d’identità. Ne deriva che l’unica identità accettabile è la rinuncia ad amare proprie certe cose, certi segni, una tradizione, una fede. No, non è giusto.È l’oicofobia, l’odio della nostra casa, tanto più se in essa sta appeso un crocifisso. Secondo questa religione di Stato laica sempre più maggioritaria avrebbero ragione coloro che pretendono di togliere dalle aule scolastiche il crocifisso. Invece noi siamo questo crocifisso. Anche chi non lo prega ne è costituito. E nei gesti pubblici è molto triste che sia additato persino nel dolore comune come simbolo di divisione. Ogni popolo, ogni nazione, a prescindere dalla fede che è sempre personale, sono generati su un suolo che ha ricevuto il seme di una cultura, di una civiltà originarie. Il timbro della voce, non c’è nulla da fare, resta quello. Popoli e genti, anche quando si ribellano alla tradizione, però ne sono inesorabilmente figli. Non so voi, ma io ho respirato quando ho sentito il suono delle campane, verso le 11 e 50. Finalmente.

Tristi ma argentine, cariche di un dolore e di molto cielo. Parlavano la nostra lingua interiore. Quello scampanio non veniva dal campanile di San Marco, vietato, ma dalla Torre dell’Orologio. Quella Torre però a sua volta è piaccia o non piaccia – una torre cristiana. Il suono delle campane, colpite con un martello, ricorda che il Verbo (Cristo) è all’origine della creazione. E combatte il caos. Anche ieri lo ha fatto.Oriana Fallaci, per coerenza con la sua vita di atea, ha voluto che si celebrasse un funerale senza preti e senza benedizione in chiesa. Ma ha chiesto come dono che al passaggio del suo corpo le campane di Santa Maria del Fiore, cattedrale di Firenze, la salutassero. La nostra identità sono le campane, che sono il cattolicesimo italiano. Questo funerale laico ha registrato invece questo fatto storico: l’unica preghiera pubblica è stata fatta dall’Imam di Venezia. Il nome di Allah è stato invocato sette volte. Dio si dice in arabo Allah e non si fa il conteggio delle pari opportunità in materia di religione.

Non è per questo che lo dico. Il fatto è che il Patriarca Moraglio ha fatto un discorso perfettamente a-confessionale, in linea con la richiesta dei genitori, e poi in silenzio ha benedetto la bara. Gli islamici non hanno avuto questa timidezza. Si sono impossessati dell’unica orazione pubblica che è risuonata nella piazza. Abbiamo sostituito il Requiem di Verdi o di Mozart con l’Inno alla gioia di Beethoven. «Le parole riprese dall’Inno alla gioia di Schiller suonano vuote per chiunque sia sincero. Non proviamo affatto le scintille divine dell’Elisio. Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzati dal dolore» (disse una volta Benedetto XVI) per così tanta e terroristica distruzione che è costata tra le tante anche la vita di Valeria. «Noi cerchiamo un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza». Questo è il cattolicesimo. Anche per chi non crede. L’immagine del «funerale di una vergine» di Gaetano Previati, con i chierichetti e il prete, con i volti corrugati di dolore per l’ingiustizia della morte in un fiore, eppure anche speranzosi, dice questa vicinanza. La croce dice questa vicinanza di Dio.La religione europea è un vuoto, che l’Islam riempie.

Sono d’accordo, molte cose positive si possono dire su questa manifestazione di dialogo commosso, che queste esequie di Valeria ha consentito. Ma le hanno già dette in modo magnifico tutti, ma proprio tutti i telegiornali. A qualcuno deve toccare il compito ingrato di Cassandra. Il vuoto spirituale che è la religione laica dello Stato, per cui annulla nel grigio qualsiasi identità, è riempito da chi ha un messaggio forte, sa cosa dire, e riesce a far intervenire tranquillamente e senza tanti pudori persino il suo Allah a funerali laici, che sono comunque un passo indietro accettato da quel cristianesimo che invano protende le sue croci dalla cupole di San Marco, dal Campanile, mentre zittiscono il Leone che inutilmente spalanca il Vangelo sulla piazza. Finché quelle croci e le campane non ce le tireranno giù, come hanno già fatto a Mosul con i martelli e i picconi pochi mesi fa, nel silenzio di tutte le comunità islamiche italiane (ma anche delle autorità italiane e persino vaticane).