e della Principessa Giuseppina di Sassonia (1867-1944),
nel 1911 sposò Zita di Borbone-Parma da cui ebbe:
• Otto (1912-) Capo della Casa d’Asburgo
• Adelaide (1914-1971)
• Roberto(1915-1996)
• Felice (1916-)
• Carlo Ludovico (1918-)
• Rodolfo (1919-)
• Carlotta (1921-1989)
• Elisabetta (1922-1993)
Il 3 ottobre 2004 è stato beatificato.
Per grazia di Dio, Imperatore d’Austria, Apostolico re di Ungheria, il quarto con il suo nome, Re di Boemia, Dalmazia, Croazia, Slavonia, Galizia, Lodomeria e Illiria; Re di Gerusalemme ecc., Arciduca d’ Austria; Granduca di Toscana e di Cracovia, Duca di Lorena e di Salisburgo, di Stiria, di Carinzia, di Carniola di Bucovina; Grande Principe di Transilvania; Margravio di Moravia; Duca dell’Alta e Bassa Slesia, di Modena, Parma, Piacenza e Guastalla, di Auschwitz e Zator, di Teschen, del Friuli, di Ragusa e Zara; Conte di Habsburg e del Tirolo, di Kyburg, Gorizia e Gradisca; Principe di Trento e Bressanone; Marchese della Bassa e Alta Lusazia e Istria; Conte di Hohenems, Feldkirch, Bregenz, Sonnenberg, ecc.; Signore di Trieste, di Cattaro e della windische Mark; Gran Voivoda del voivodato di Serbia ecc.
Domenica 3 ottobre 2004, Giovanni Paolo II ha proclamato beato Carlo d’Asburgo, ultimo imperatore d’Austria e ultimo Re d’Ungheria, morto nel 1922, a soli 34 anni. Era sposato con Zita, figlia di Roberto di Borbone Parma, ultimo titolare del Ducato di Parma e Piacenza, dalla quale ebbe 8 figli.
Che venga elevato alla gloria degli altari un imperatore, è una notizia che fa un certo effetto. Si pensa che chi ha la ricchezza e il potere non trovi tempo per pensare a Dio.
Sono numerosi, invece, i santi che appartennero a famiglie regnanti. Re Stefano d’Ungheria, Sant’Agnese di Praga, Sant’Elisabetta d’Ungheria, Sant’Enrico II imperatore, Santa Brigida di Svezia, San Luigi IX re di Francia, San Ferdinando re del Portogallo eccetera. Certo, erano uomini di tanto tempo fa, dirà qualcuno. Ma sovrani, governanti e uomini politici santi ce ne sono sempre stati e ce ne sono anche nella nostra epoca. Presso la Congregazione per le cause dei santi sono in corso processi di beatificazione che riguardano, per esempio, Re Baldovino del Belgio, Alcide De Gasperi, grande uomo di Stato italiano, Robert Schumann, statista francese considerato il “padre” dell’Europa unita, Konrad Adenauer, cancelliere della Germania Federale, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze e deputato al Parlamento italiano, solo per citare qualche nome. E sono personaggi del Novecento. Uomini santi ce ne sono sempre stati, presenti in tutte le categorie sociali. Carlo d’Asburgo, anche lui uomo del Novecento, ne è un esempio fulgido. Ecco in sintesi la sua storia.
Carlo apparteneva a una delle più importanti case regnanti dell’Europa, gli Asburgo, appunto. Una dinastia che ha avuto Imperatori del Sacro Romano Impero per molti secoli. Era il figlio primogenito dell’Arciduca d’Austria Ottone Francesco (nipote di sua altezza imperiale e reale Francesco Giuseppe), e di Maria Giuseppina, nata principessa di Sassonia.
Milioni e milioni di persone nel mondo conoscono la storia dell’Imperatore Francesco Giuseppe e di sua moglie, l’imperatrice Sissi, per averla vista al cinema o alla televisione nei quattro commoventi film che hanno come straordinaria interprete una giovanissima e indimenticabile Romy Schneider. Storia romanzata, naturalmente, ma, affascinante e, benchè girati a metà degli Anni Cinquanta, quei film continuano ad essere messi in onda nelle varie TV e circolano anche in DVD con un indice di gradimento sempre molto elevato.
Pochi, invece, anzi pochissimi conoscono la storia della coppia imperiale che succedette a Francesco Giuseppe e a Sissi sul trono Austro-Ungarico, e cioè Carlo I° d’Asburgo e l’imperatrice Zita. Eppure, Carlo e Zita, che al momento dell’ascesa al trono, nel novembre 1916, avevano rispettivamente 29 e 24 anni ed erano sposati da cinque, vissero “realmente” come Francesco Giuseppe e Sissi appaiono nella finzione filmica. La loro storia d’amore aveva proprio tutte le caratteristiche di quella raccontata nel film. Carlo e Zita erano giovani, belli, innamoratissimi, fedelissimi, la loro unione era pervasa da un romanticismo tenerissimo e vero che incantava. Ma fu una storia brevissima con un finale drammatico. Salirono al trono nel 1916, in piena guerra mondiale, e dopo due anni, alla fine della guerra, furono costretti all’esilio. Vissero altri quattro anni insieme, sempre inseparabili e felici nonostante la povertà e le ristrettezze economiche che rasentarono l’indigenza, poi Carlo, colpito da una broncopolmonite, morì a soli 34 anni.
Zita aveva 29 anni ed era bellissima, ma non si risposò più, anche se molti furono i pretendenti alla sua mano. Non volle mai dimenticare il marito, l’uomo dal quale aveva avuto otto figli. Visse ancora per 67 anni, conducendo un esistenza ritirata, riservata, sempre nel ricordo del suo Carlo.
Laureato in Diritto Civile ed ecclesiastico e in teologia, patrocinante presso la Sacra Rota e la Congregazione delle Cause dei Santi, l’avvocato Andrea Ambrosi ha curato un poderoso volume sulle virtù eroiche cristiane esercitate dall’Imperatore Carlo d’Austria in vita, volume affascinante, che ad ogni pagina sorprende, rivelando un mondo di spiritualità impensabile in un ambiente come quello della grande corte imperiale austriaca del primo Novecento.
<<Non è proprio possibile rimanere indifferenti di fronte all’esistenza di questo giovane imperatore>>, dice ancora l’avvocato Ambrosi. <<Carlo condusse un’esistenza integerrima, pur vivendo in un ambiente difficile e pieno di insidie. Fu un fervente cattolico, un marito e padre esemplare ed amatissimo, un figlio fedele della Chiesa e un pugnace avversario dei molti nemici del Papa e della Chiesa stessa>>
Carlo nacque nel 1887. Sul trono Austro-Ungarico regnava, fin dal 1848, Francesco Giuseppe e l’Imperatrice Sissi. Carlo era un loro pronipote. Era il primogenito dell’Arciduca d’Austria Ottone Francesco, nipote di Francesco Giuseppe. Nella linea di successione al trono imperiale austriaco, Carlo occupava il quinto posto. Nessuno poteva immaginare, allora, che sarebbe toccato a lui prendere il posto del mitico Francesco Giuseppe. Ma una serie di drammatiche circostanze sovvertirono tutte le logiche previsioni. L’unico figlio maschio dell’Imperatore Francesco Giuseppe e dell’Imperatrice Sissi, Rodolfo, morì misteriosamente nel 1889 a Mayerling, insieme alla sua giovane amante Mary Vetsera, senza lasciare figli maschi. Il fratello minore di Francesco Giuseppe, Massimiliano, era diventato imperatore del Messico e era stato fucilato dai rivoluzionari già nel 1867. L’arciduca Carlo Ludovico, secondo fratello di Francesco Giuseppe, morì nel 1896. Allora divenne principe ereditario l’arciduca Francesco Ferdinando, figlio di Carlo Ludovico; ma, a causa del suo matrimonio morganatico con una semplice contessa, fu costretto a rinunciare ai diritti al trono per gli eventuali figli, e ad accettare, come erede presuntivo, il proprio fratello, Otto, padre di Carlo. Ma prima morì Otto, a soli quarant’anni; poi, nel 1914, Francesco Ferdinando fu assassinato a Serajevo. Una serie di lutti e di tragedie quindi aveva portato Carlo ad essere erede al trono.
Carlo ricevette la normale educazione che gli Asburgo riservavano ai loro rampolli: l’apprendimento delle varie lingue parlate nell’Impero, corsi ginnasiali e liceali presso l’abbazia benedettina degli “Schotten” a Vienna, e poi studi universitari a indirizzo giuridico a Praga. Ma fin da quando era un ragazzo, mostrò una grande attenzione e un profondo interesse per i valori religiosi. L’ambiente non era certo favorevole a questi valori. Suo padre, uomo affascinante ma libertino, non gli diede buoni esempi. Ma è difficile conoscere i rapporti che si instaurano nell’animo tra la persona e Dio, quando la persona risponde alla chiamata divina. E’ il mistero della vita spirituale e della santità.
A 16 anni, Carlo entrò nell’esercito e vi rimase fino alla fine della guerra, fino a quando dovette andare in esilio. Gli piaceva la vita militare. Tra i soldati si trovava perfettamente a suo agio. Era molto buono e disponibile con i suoi camerati, ai quali non solo non fece mai pesare il suo rango, bensì faceva di tutto per farsi sentire uno di loro. La vita militare è dura, a volte crudele e anche rozza. Ma come succede sempre con le persone che tendono alla perfezione, Carlo trasformava gli ambienti e le persone con i quali veniva in contatto. Non si lasciava influenzare, ma era lui che influenzava, cambiava, migliorava con la sua bontà e la sua condotta.
I suoi interventi a favore dei commilitoni erano esempi che conquistavano i soldati. Subito dopo le nozze, prestava servizio militare a Vienna. Alla vigilia di Natale seppe che un camerata desiderava tanto poter andare a casa a festeggiare con la famiglia, ma era ufficiale di picchetto e non poteva muoversi. Carlo prese il suo posto permettendo al soldato di correre a casa.
Durante la guerra era generale comandante di corpo d’armata. Il suo posto preferito era la prima linea da dove né i pezzi d’artiglieria che gli piovevano accanto, né i bombardamenti aerei nemici lo fecero mai indietreggiare. Era temprato ad ogni fatica, dormiva su un ruvido letto da campo insieme alla truppa. Anche se era successore al trono imperiale, non voleva mai niente di speciale per sé. Quando c’erano dei feriti, si inginocchiava accanto a loro e li medicava. Se qualcuno moriva tra le sue braccia, piangeva senza vergognarsi. Una volta, per salvare la vita di un soldato ferito, si gettò nelle acque gelide dell’Isonzo in piena rischiando egli stesso di venire travolto. Divenuto Imperatore, continuò a comportarsi come aveva sempre fatto, visitando le truppe al fronte, sfidando i bombardamenti nemici, fermandosi a parlare con i soldati, inginocchiandosi accanto ai feriti.
Era un soldato, ma non un sostenitore della guerra. Come soldato faceva il suo dovere da soldato. Ma quando si trovò sul trono, fece di tutto per raggiungere la pace. Non era stato lui a iniziare la guerra, però si impegnò con tutte le sue forze per fermarla. Su questo non ci sono dubbi e sono innumerevoli le testimonianze che lo documentano. In uno dei suoi primi discorsi da Imperatore disse: “Grandi compiti stanno davanti a noi. Il compito principale, che deve aver presente colui che è responsabile delle sorti della monarchia è di avviare il più presto possibile una buona pace”. Per raggiungere questo scopo, mise subito in atto varie iniziative che da molti vennero ritenute temerarie.
Durante la guerra, non si preoccupava solo dei soldati, ma anche della popolazione. In tutto l’impero erano drammatiche le difficoltà di approvvigionamento di generi di prima necessità, vettovaglie e perfino il carbone per riscaldarsi. Tutti i cittadini dovevano affrontare la dura realtà dell’economia di guerra e lo faceva anche l’imperatore. Visse con la sua famiglia adottando le razioni di cibo stabilite per la popolazione. Organizzò cucine di guerra per dar da mangiare a chi non ne aveva. Impiegò i cavalli di corte per l’approvvigionamento di carbone dei viennesi. Lottò contro usura e corruzione, regalò ed elargì più di quanto permettessero i suoi mezzi.
Al Comando supremo a Baden rifiutava il pane bianco che veniva passato, e sotto gli occhi degli ufficiali profondamente confusi, mangiava il pane di guerra nero. In piena Prima guerra mondiale, fu il sovrano che fece di tutto per convincere gli altri Capi di Stato a firmare la pace senza condizioni. Il suo sogno era il raggiungimento di una pace mondiale. Mirava a superare i nazionalismi per formare una Grande Comunità Europea basata sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze, delle autonomie, delle culture, e delle singole persone, consapevole che ogni persona è unica, irrepetibile, con un progetto da realizzare che solo Dio conosce. Ma nessuno dei Capi di Stato di allora lo comprese. Giudicavano le sue teorie “utopiche”. Fecero di tutto per isolarlo. Lo calunniarono, lo tradirono, costringendolo all’esilio dopo solo due anni di regno. Se lo avessero ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima, avrebbe avuto una Carta costituzionale più giusta e certamente non avrebbe patito gli orrori della terribile seconda guerra mondiale.
Grande importanza ebbe nella sua vita la moglie Zita. Si erano conosciuti da ragazzi. Zita, che era nata in Italia, a Pianoro, in provincia di Bologna, apparteneva ai Borboni-Parma. Era la diciassettesima dei ventiquattro figli di Roberto di Borbone Parma, ultimo titolare del Ducato di Parma e Piacenza. Quando aveva sette anni, fu compagna di giochi di Carlo nella tenuta di famiglia di Schwarzau, vicino a Vienna, dove, con la famiglia, trascorreva i mesi estivi. Poi si persero di vista perchè lei andò a studiare prima in Inghilterra e poi in un collegio di suore in Baviera. Si rividero nel 1910. Zita era molto carina e Carlo ne fu subito conquistato. Quando poi seppe che doveva essere promessa a don Jaime duca di Madrid, si affrettò a chiederla in moglie. Si fidanzarono il 13 giugno 1911 e si sposarono pochi mesi dopo, il 21 ottobre, con una cerimonia naturalmente molto sfarzosa alla presenza anche del vecchio imperatore Francesco Giuseppe.
<<Al processo di beatificazione Zita fu una delle principali testimoni e le sue deposizioni giurate sono state straordinarie e preziose perchè hanno permesso di poter conoscere a fondo la vita interiore di Carlo>>, racconta l’avvocato Ambrosi, <<Lei raccontò che solo a poco a poco si rese conto della bontà e della fede dell’uomo che amava. Riferendosi ai primi tempi della loro conoscenza, disse: “Già allora mi pareva un cattolico veramente buono, ma non potevo completamente capire quanto grande e profonda fossero la sua bontà e la sua fede. Sotto l’influsso della santa Comunione dapprima frequente, poi quotidiana, si svilupparono le virtù, che erano nel suo carattere e gli erano concesse dalla grazia di Dio. Questo crescere era così poco appariscente e così naturale, che mi riusciva difficile percepirlo. Non vi era nulla a metà in lui. La mancanza d’ogni presunzione, la sua refrigerante naturalezza e semplicità, si approfondivano in sempre maggiore umiltà. La sua affettuosità di cuore ed il suo desiderio di far felice tutta la gente ricevevano sempre più una impronta paterna ed una profonda, consapevole prontezza al sacrificio. La sua fortezza ed il suo senso del dovere divennero totale dedizione al dovere datogli da Dio”>>
Sofferenze, umiliazioni le più cocenti, disinganni, mortificazioni: sopportò tutto senza mai lamentarsi. Il capo di una dinastia tanto prestigiosa e gloriosa, come la Casa d’Asburgo, era trattato e perseguitato in modo indegno dalle potenze nemiche. Eppure, dalla sua bocca non uscì mai la minima parola di biasimo verso i nemici.
In esilio si trovò abbandonato da tutti. E non aveva più niente. Gli erano stati rubati anche i gioielli di famiglia che pensava di vendere per dare da mangiare ai suoi figli.
Non è esagerato dire che patì la fame. Ma tutto questo lo visse in serenità e pazienza. Si stabilì dapprima in Svizzera a alla fine a Funchal, nell’isola portoghese di Madeira.
Monsignor Ernesto Seydl, che gli fu vicino nel periodo dell’esilio, ha scritto: <<Assisteva quotidianamente alla santa Messa, faceva la Comunione e restavo sempre colpito dal profondo raccoglimento con cui l’imperatore faceva il ringraziamento dopo la Comunione. Si vedeva come, chiuso a tutte le impressioni del mondo esterno, fosse completamente immerso in Dio. La sera tardi tornava sempre ancora una volta con l’Imperatrice per una visita al Santissimo. Ero spesso commosso nel più profondo dell’anima, vedendo inginocchiati davanti all’Eucaristico Dio nel silenzio notturno i due duramente provati, illuminati solo delicatamente dal chiarore della lampada eucaristica>>.
Nella primavera del 1922, per il freddo e l’umidità della casa dove abitava in gravissime ristrettezze economiche, fu colpito da una forte influenza che si trasformò in broncopolmonite e lo portò alla morte il primo aprile di quell’anno. Nel corso della sua ultima notte su questa terra, alla moglie che lo assisteva piangente, fece questa bellissima confidenza che sintetizza la sua vita e anche la sua santità: <<Tutta la mia aspirazione è sempre stata quella di conoscere il più chiaramente possibile, in ogni cosa, la volontà di Dio, e di eseguirla nella maniera più perfetta>>.
Anatole France, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, scrisse di lui: <<L’imperatore Carlo è l’unico uomo decente, emerso durante la guerra, ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione”.
E lo scrittore inglese Herbert Vivian, che lo aveva conosciuto: <<Carlo era un grande capo, un principe della pace, che voleva risparmiare al mondo un anno di guerra; un uomo di Stato con idee salvatrici per i complicati problemi dei suoi paesi; un monarca che amava i popoli, un uomo senza paura, d’animo nobile, di prestigio, un santo, dalla cui tomba si diffonde benedizione>>.
A 82 anni dalla morte, la Chiesa gli ha reso giustizia. Lo ha elevato alla gloria degli altari, indicandolo al popolo di Dio come esempio di vero cristiano. Per alcuni storici resta una figura discussa da un punto di vista politico. Gli rimproverano ingenuità politiche ed errori di governo. Ma non ci sono punti oscuri sulla sua figura morale. L’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della causa del beato Carlo d’Austria, ci ha detto: . <<Studiando la vita del beato, leggendo le migliaia di pagine di testimonianze delle persone che lo hanno conosciuto e che hanno esposto le loro impressioni sotto giuramento, mi sono reso conto che Carlo d’Austria è un grande santo e fu un governante saggio e illuminato>>.