II 19 novembre 1921, Carlo e Zita approdavano a Funchal in Madera: il Vescovo del luogo, per incarico del Papa, viene loro incontro con tutti i riguardi.
L’Imperatore Carlo ebbe a provare una grande gioia nell’intimo del suo cuore, vedendo come immediatamente si erigeva entro la sua abitazione una cappella, ove, nella dura sorte del proprio esilio, solo poteva cercare e trovare il più caro dei sollievi.
Gli abitanti dell’isola, vedendo quella sua giovialità, quella pace gioconda e costante nel portare la sua croce, quella continua unione con Dio, non tardarono ad essere infiammati di simpatia verso di lui. L’Imperatore era messo a ben dure prove: uno dei figlioli da lui lasciati nella lontana Svizzera, si era ammalato, – la sua consorte, che in quel tempo si aspettava nuove gioie materne, aveva dovuto far con lui quel viaggio pieno di strapazzi, – e quei pochi mezzi, che ancor restavano dopo la rapina fatta dei suoi beni, andavano scomparendo.
La troppo grande mancanza di mezzi lo costringe ad abbandonare la città di Funchal e trasferirsi al monte sopra la città. Era il 18 febbraio 1922, stagione, ahimè! poco propizia per quel clima nebbioso e, in primavera, malsano.
L’Imperatrice Zita era già tornata, con sei figlioli, il 2 di quel mese. Il 2 marzo venne anche il settimo, bell’e guarito.
II 14 marzo 1922 Carlo Imperatore si ammala: si tratta di cosa da poco.
Il 27 il suo stato peggiora, a cagione di una infiammazione dei polmoni, e riceve il Sacramento della Estrema Unzione. Volle fosse presente Ottone, il primogenito, perché voleva dargli un esempio. “Affinché egli sappia, disse, in qual modo dovrà diportarsi un giorno, come Imperatore e come vero cattolico “.
In tutta la sua vita Carlo d’Austria aveva sempre e prontamente perdonato tutti gli oltraggi e tutti i torti. Nella confessione generale di tutta la vita, che ora vuol fare, dichiara nuovamente di voler perdonare a tutti i nemici e avversari; e nello stesso tempo vuole accentuare la sua ferma volontà di non lasciar mai i diritti e i doveri che erano stati dati alla sua persona.
“Devo tanto patire, affinché i miei popoli abbiano a ritrovarsi nuovamente uniti”. Quest’espressione ci fa conoscere con quali intenzioni d’amor di patria e di fedeltà egli offriva a Dio i suoi dolori.
Nella sua infermità egli conserva un’esemplare pazienza; nella morte, una piena rassegnazione alla volontà di Dio.
Gettano viva luce sopra tutta la sua vita le parole semplici, ma dense di significato, da lui proferite la notte della sua morte: “Tutti i miei sforzi tendono sempre a questo fine, di conoscere in tutte le cose la volontà di Dio più chiaramente che sia possibile, ed eseguirla con la maggior possibile perfezione”.
Così anche poco prima della morte, conoscendo chiaramente ch’essa si avvicinava, potè dire: “Sia fatta la Tua volontà!”.
Il giorno della sua morte, primo d’aprile 1922, aveva ricevuto la mattina, come soleva ogni giorno, la Santa Comunione. A mezzogiorno, pochi minuti prima di spirare, sentì un vivo desiderio di ricevere ancora una volta il Corpo del Signore, che gli fu amministrato come Viatico.
Tra le braccia della cara Consorte, alla presenza del Santissimo Sacramento, in intima orazione, si spense. Dando l’ultimo respiro, aveva pronunciato ancor una volta il Nome di Gesù.
II giorno 5 aprile, la sua salma fu collocata nel santuario, meta di pellegrinaggi, di Nassa Senhora do Monte (Nostra Signora del Monte). Il Vescovo e il popolo di Funchal custodiscono i resti mortali di Carlo d’Austria, come quelli d’una persona, la cui memoria è in venerazione.
L’Eccellentissimo Vescovo di Funchal, trovandosi in Roma con un Sacerdote religioso austriaco, ebbe a dire : “Nessuna missione ha concorso così efficacemente a ravvivare la fede nella mia diocesi quanto l’esempio che le diede il suo Imperatore nella sua infermità e nella sua morte”.